Il termine stanchezza del terreno è “impiegato, tradizionalmente, per indicare l'inospitalità del suolo
alla ripetizione di una singola coltura. Il declino della vitalità che ne deriva è limitato alla specie in
oggetto e influenza meno, o non interessa, specie diverse soprattutto se botanicamente lontane” (F.
Zucconi). Per le coltivazioni arboree lo stesso concetto viene spesso definito “malattia da reimpianto”,
proprio perché i sintomi del problema diventano evidenti sulle giovani piante dopo il reimpianto.
Il declino delle produzioni si manifesta in modi diversi, dallo scarso accrescimento delle piante ad una
suscettibilità elevata a patogeni, parassiti e stress ambientali. Uno tra I primi sintomi è comunque
solitamente osservabile a livello radicale ed è rappresentato dall’imbrunimento degli apici radicali e
dalla successiva morte delle radici assorbenti. Nei casi più gravi la moria radicale è tale da determinare,
specialmente nei periodi più caldi, l’appassimento delle piante che non riescono ad assorbire l’acqua
necessaria a compensare la traspirazione delle foglie.
In ambito scientifico, la stanchezza del terreno è comunemente associata all’accumulo nel terreno di
composti selettivamente tossici per la specie coltivata o a squilibri del microbioma. In passato si
pensava che le cause del fenomeno vi fosse la scarsità di alcuni nutrienti ma successive ricerche ed
analisi hanno condotto i ricercatori a scartare questa ipotesi a favore delle prime due già citate.
Per quanto riguarda i composti tossici, una delle teorie più recenti riguarda l’accumulo nel suolo del
DNA della specie coltivata, anche noto come self-DNA. Studi recenti hanno dimostrato che il self-DNA
presente nel terreno è in grado di inibire in modo specifico la crescita della specie vegetale che lo ha
prodotto. L’accumulo del self-DNA nel suolo dipende da molti fattori biotici e abiotici, oltre alla
ripetizione della stessa coltura per troppo tempo, tra le principali cause di accumulo vi sono la scarsa
capacità drenante del suolo e l’eccessiva semplificazione ecologica dell’agrosistema, intesa soprattutto
come una bassa biodiversità vegetale e microbiologica. D’altronde, molti altri studi hanno associato la
stanchezza del terreno e la malattia da reimpianto a squilibri tra le popolazioni microbiche nel suolo,
molti di questi squilibri possono essere ricondotti ad un ricorso improprio e spesso eccessivo a
fertilizzanti, fitofarmaci, ma anche irrigazioni o lavorazioni in grado di alterare fortemente il suolo ed i
suoi ospiti.
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Moria dell’actinidia? Colpa della stanchezza del suolo - Terraevita
Moria del kiwi e stanchezza del terreno: i risultati dalle prime sperimentazioni in campo – FreshPlaza
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